Jean Constantin
Letterato e pittore, Jean Constantin nasce a Parigi nel 1924. Laureato alla Sorbona in lettere e civiltà italiane, nel 1952 si trasferisce a Pisa come lettore di francese alla Scuola Normale.
Nel 1964 sposa Maria Severini, figlia dell’ingegnere e pittore Federigo Severini, docente di storia dell’arte all’Università di Pisa e autrice del catalogo dei disegni e delle stampe della Collezione Timpanaro.
Nei vent’anni trascorsi nella città toscana, Constantin trova una fonte d’ispirazione privilegiata negli ambienti del litorale e dell’entroterra pisano, dedicando sempre più tempo a tradurre sulla carta le sensazioni suscitate dalla varietà e dalla luce di paesaggi tanto amati. A lui si deve anche un lungo e complesso lavoro di archivio dell’opera di Federigo Severini.
Nel 1972 rientra a Parigi con la famiglia, fondando la “Fédération nationale des associations d’italianistes” (FNAI) con lo scopo di promuovere l’insegnamento della lingua e della cultura italiana in Francia. La pittura diventa la sua attività principale, tanto da trasformare due stanze del suo appartamento parigino e della sua villa pisana in ateliers di pittura. Per quasi vent’anni, in quegli ateliers l’artista produrrà migliaia di schizzi che, per una naturale ed elegante riservatezza, non verranno mai esposti.
Nel giugno 2009, Jean Constantin muore a Pisa all’età di 84 anni, lasciando un’opera di grande intensità poetica e qualità formale che, grazie alla cura del figlio François, è stata presentata per la prima volta al pubblico nel 2013 al Museo della Grafica di Pisa.“Rivages”.
Rivages
L’opera di Jean Constantin è costituita da molteplici, impercettibili variazioni sul tema della “riva” (rivage) come magico e poetico punto d’incontro tra acqua, cielo e terra.
Rive di un paesaggio naturale e riconoscibile (San Rossore, Marina di Pisa, Bocca d’Arno…) che gradualmente sfuma in contorni sempre più astratti, dove luci e orizzonti acquistano un significato essenziale d’intenso lirismo. E dove le sottili e insistite variabili cromatiche, in un lento processo di raffinata e consapevole sintesi astrattiva, possono spiegare e moltiplicare il miracoloso equilibrio di dissolvenze di superfici e atmosfere, in cui l’acqua esprime quel «coefficiente vaporoso di universalità» e «il cielo è libero e la terra oppressa».
Ogni singolo brano di questo meditato e profondo procedere pittorico, dilatato nel tempo e nello spazio, si incontra e si unisce in un’idea di serie a sua volta ricomponibile e moltiplicabile. Per questo, Jean Constantin ha affidato al figlio François il compito di organizzare la presentazione delle sue rivages, immaginando che ciascuna di essa potesse inserirsi in «apparentamenti», ovvero serie coerenti di fogli (3, 9, 12, 16 e oltre) assemblati per formare una sola immagine, forte e avvolgente, in un insieme frammentato ma indivisibile, a metà tra un mosaico romano e un collage di pixel esplosi, alla ricerca di un’emozionata visione sull’infinito.